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27 Dicembre 2020

Parole a 360° - Sarà Pandemia la parola con cui ricorderemo l’anno 2020?

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mascherina

 

Pandemia è stata, nell’anno che sta per terminare, una parola carica di esperienze problematiche individuali e sociali, una parola ricorrente, associata a virus, salute, pericolo. Una parola piena di preoccupazione, divulgata attraverso riviste specializzate, articoli di giornale, comunicazioni di enti, termine di riferimento specifico per le ricerche sul Covid-19 e sulle scelte ad esso correlate. Così è diventata una parola quotidiana, di uso comune, una parola che ha suscitato ansia oltre che animato confronti e prese di posizione. Le sofferenze inimmaginabili che ha significato l’hanno resa una parola simbolo.

Questa parola è stata considerata possibile parola dell’anno insieme ad altre come coronavirus, telelavoro, lockdown... dai linguisti e lessicografi dell’Oxford English Dictionary; da coloro, cioè, che ogni anno attribuiscono il titolo di parola dell’anno a quel termine che è «l’espressione che riflette lo stato d’animo e le preoccupazioni in cui ci troviamo e ha il potenziale per distinguersi come un termine culturalmente significativo». 

Il 2020, “un anno che ci ha lasciato senza parole”, non avrà la sua parola simbolo.

Pr la prima volta, nella sua storia, il prestigioso Dizionario non proclamerà un solo termine per indicare quello di maggiore risonanza nell’anno che si sta chiudendo.

 

oxford

Il Dizionario “madre di tutti i dizionari”, riconosciuto punto di riferimento della lingua anglosassone e non solo. La prima edizione risale al 1857.

Quando una parola diventa un riferimento così denso e ampio, capace di catalizzare emozioni, scelte, riflessioni, il tempo ne codifica l’intensità di significato e il valore.  Ecco che può diventare interessante, allora, pensare all’attualità di altre parole che, negli anni, sono state al centro dell’attenzione, prendendo spunto proprio dallo sguardo documentato da un Dizionario. In passato la scelta dell’Oxford  Dictionary, pur tra tante legittime previsioni, ha confermato le aspettative dei più ma ha anche suscitato sorpresa quando la parola andava a sondare un territorio inesplorato o, al contrario, banalizzato da una comunicazione superficiale.

Soffermiamoci a rileggere le  parole che hanno meritato in passato il titolo di Parola dell’Anno.

Nel 2019 la “parola”  è stata “emergenza climatica” perché in grado di trasmettere il senso di urgenza di misure legate al clima.

Osserviamo come il termine “emergenza” resti attualissimo nell’anno che sta per concludersi. Si impone con uno spessore di allarme che va a coinvolgere la vita e la salute degli individui e dei popoli per il pericolo rappresentato dal covid-19, pericolo che riguarda non solo la salute, nell’accezione ampia di benessere fisico-psichico-relazionale, ma tutte le criticità e le problematiche legate al benessere inteso come qualità della vita, da garantire e tutelare in campo economico e politico.

climate emergency

 

 

Nel 2018 il titolo va a “Toxic”

Toxic (tossico) è la parola inglese che, nell’anno di riferimento, è stata diffusamente usata per descrivere una vasta gamma di situazioni, preoccupazioni ed eventi. Dal significato originario di "velenoso", usato per la prima volta nel 1664 in un libro sulle foreste, il termine "toxic" è dilagato nella politica e nella società, basti pensare al problema dell’inquinamento e alla diffusione di oppioidi e eroina. Tossici possono essere “gli ambienti di lavoro, le culture, le relazioni e lo stress". Anche il dibattito politico ne rappresenta un chiaro esempio.

toxic

 

Nel 2017 si tratta di "Youthquake", termine che identifica un "cambiamento significativo culturale, politico o sociale, creato dall'azione dei giovani".

“Youthquake” è un termine  non  direttamente traducibile nella lingua italiana,  formata da “Youth” ( giovinezza) e  “Quake” (abbreviazione di “Earthquake”, il classico terremoto) e sta a indicare un cambiamento culturale e sociale che nasce dall’azione e dall’influenza delle persone più giovani. Per capire la scelta occorre considerare che, essendo la scelta effettuata all’interno del vocabolario inglese, l’Oxford Dictionary l’ha selezionata per il fatto di essere stata una dei capisaldi della campagna elettorale del movimento laburista.

Nel 2016 la parola è stata "post-truth", post-verità.

La parola è collegata strettamente ad alcuni importanti avvenimenti avvenuti nel 2016, il riferimento è alla Brexit e a Trump, a situazioni in cui la verità delle notizie viene percepita e accettate sulla base di stati d’animo che poco tengono in conto della realtà dei fatti. Ufficialmente la parola sta per «circostanze in cui i fatti obiettivi sono meno influenti nel modellare l’opinione pubblica degli appelli emotivi e delle convinzioni personali». In tempi di dominio del web e dei social network è un termine su cui riflettere.

Nel 2015, Emoji “faccina con le lacrime di gioia” è diventata parola dell’anno.

emoji

 

Il Dizionario Oxford, per la prima volta, ha selezionato un pittogramma: un’emoji, una di quelle faccine gialle che sempre più frequentemente arricchiscono e personalizzano le chat e le email. Cambia la comunicazione, i codici si integrano, così le faccine sono diventate un vero e proprio linguaggio che accumuna popoli e culture, pur nelle differenze di stili e di sistemi di codifica. L’emoji è stata scelta perché “riflette meglio l’ethos, l’umore e le preoccupazioni del 2015”.

 

Nel 2014 la parola dell’anno era Vape.

Oxford Dictionary ha scelto “Vape”, come la sua Word of the Year 2014.  Abbreviazione di “vapore” o di “vaporizzare,” “Vape” per Oxford è un verbo che significa “inspirare ed espirare il vapore prodotto da una sigaretta elettronica o un dispositivo simile.” La parola può riferirsi sia al dispositivo che all’azione. Un caso emblematico di come l’uso di una parola rappresenti i processi sociali che intervengono nel cambiamento del linguaggio. In questo caso è la sigaretta elettronica ad  aver prodotto una trasformazione sociale e culturale inimmaginabile negli ultimi trent’anni.

 

Nel 2013 una parola di uso ormai comune: Selfie.

selfie

Concludiamo con un SELFIE perché proprio selfie è stata la parola simbolo dell’anno 2013. Lo dichiarano i canali comunicativi dell’Oxford Dictionary con la definizione di selfie come “autoscatto generalmente effettuato con uno smartphone o con una webcam che viene poi pubblicato su un social network”. Perché “un’immagine vale più di mille parole”.

 

Mirella Mazzarini

Presidente dell'Unicef Marche ed ex dirigente scolastica. Da anni è impegnata nel campo del volontariato e della pedagogia.

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