Ricordare Danilo Dolci a cento anni dalla nascita
Danilo Dolci, 28 giugno 1924, Sesana – 30 dicembre 1997, Trappeto
“Se l'occhio non si esercita, non vede.
Se la pelle non tocca, non sa.
Se l'uomo non immagina, si spegne.”
Versi tratti dalla poesia "Il limone lunare"
Impiegare la propria esistenza per dare valore non solo alla propria ma soprattutto a quella degli altri è l’assunto che caratterizza Danilo Dolci come poeta, sociologo, educatore.
Danilo Dolci va ricordato per le azioni e l’impegno volti all’emancipazione sociale, nella volontà incondizionata di assumere la lotta non violenta come testimonianza e messaggio di vita.
La figura di Danilo Dolci può essere compresa in riferimento alle trasformazioni civili e politiche che hanno interessato gli anni cinquanta e sessanta, anni di profondi cambiamenti che lo vedono protagonista con la pubblicazione di inchieste sociali quali “Banditi a Partinico”, in cui affronta la realtà alla base del banditismo collegando i temi del come si vive, come si amministra, come si educa, come si assiste e si cura. Le sue analisi sono sempre tese a promuovere azioni politiche e morali dal basso, a offrire soluzioni concrete per il benessere quali possono essere i servizi, l’acqua, la casa, la scuola. Norberto Bobbio ha colto come la via intrapresa da Danilo Dolci non abbia fatto distinzioni tra predicare e agire e abbia fatto risaltare la buona predica dalla buona azione. Intuizioni innovative sul piano del pensiero e su quello dell’agire che hanno condotto Danilo Dolci a richiamare l’attenzione con uno sciopero della fame che sarà la molla per una amicizia profonda con Aldo Capitini, filosofo del Movimento Nonviolento italiano che nel 1961 promuoverà la prima marcia della Pace Perugia-Assisi.
Danilo Dolci nasce come poeta, ma desiderava capire la realtà siciliana, soprattutto quella delle zone più povere e marginali, per dar vita a trasformazioni nonviolente. Segue l’esperienza di Nomadelfia, la comunità utopica fondata da don Zeno Saltini, che nel dopoguerra accoglieva orfani e famiglie indigenti.
La sua idea di scuola connota il suo essere educatore innanzitutto, piuttosto che teorico della pedagogia perché gli interessa sempre come intervenire, come cambiare la società. Con il Centro Studi di Trappeto (Partinico) e la lotta contro la mafia sarà conosciuto come “profeta della non violenza”, come il Gandhi della Sicilia o il Gandhi italiano.
Danilo Dolci ha lavorato per seminare, costruire, testimoniare una coscienza sociale e per l’educazione possiamo riprendere quanto detto da John Dewey per cui: “Tutta l’educazione si svolge nel senso di una progressiva partecipazione dell’individuo alla coscienza sociale della comunità”. Ha avuto tanti sostenitori lungo il suo cammino, da Italo Calvino a Bertrand Russel ma anche tanti oppositori e denigratori che non gli hanno tuttavia impedito lunghe battaglie fatte anche di digiuni e mobilitazioni popolari.
Come educatore si è impegnato per una scuola interessata al sociale, alla condivisione, per una politica fatta di slancio ideale, formazione alla democrazia e non ideologismo. Il suo sguardo è stato rivolto non allo schierarsi ma alla liberazione, concependo l’esistenza come processo creativo. Ha privilegiato la domanda e l’esplorazione per cercare ciò che non appare, che supera la consuetudine del fare. La domanda come costruzione: una pedagogia maieutica. Pioniere e precursore della tecnica del circle time, ha favorito sempre il dibattito e l’approfondimento, chiedendo alle sue alunne e ai suoi alunni di parlare non tanto degli scopi che perseguono quanto dei loro sogni perché ciascuno possa essere protagonista e creatore della propria esistenza. Negli anni settanta è stato forte il suo impegno nel diffondere l’esperienza di educatore con il Centro Educativo di Mirto presso Partinico, oggi riconosciuto come una delle migliori scuole sperimentali nate in Italia.
C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo,
aperto ad ogni sviluppo
ma cercando d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.
Mirella Mazzarini
Presidente dell'Unicef Marche ed ex dirigente scolastica. Da anni è impegnata nel campo del volontariato e della pedagogia.