La donna nella Divina Commedia e l’Amore di Dante per Beatrice
Per un 8 marzo all’insegna dell’immaginario dantesco
Festeggiamo l’8 marzo con il Sommo Poeta Dante Alighieri: scopriamo insieme la rappresentazione femminile nella Divina Commedia e l’Amore di Dante per Beatrice!
Forte è la presenza della donna nella poesia di Dante e numerose le figure femminili nella Divina Commedia: da Francesca a Lucia, da Pia de’ Tolomei a Piccarda Donati. Un universo carico di umanità, una presenza verso cui Dante dimostra sempre ammirazione e rispetto. Figure sospese tra cronaca e immaginazione, donne che Dante rende uniche nella dimensione più alta della poesia. In questo denso immaginario è tuttavia Beatrice la creatura che rappresenta in modo sorprendente e affascinante l’idea di donna del grande fiorentino. Beatrice è da lui considerata meraviglia delle meraviglie, “venuta da cielo in terra a miracol mostrare” (Vita Nova, sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare).
Dante Gabriel Rossetti, particolare del Saluto di Beatrice, dipinto ad olio con lamina dorata, 1859-1863, National Gallery of Canada, Ottawa.
La Beatrice di cui Dante scrive nella Commedia è, in realtà, Bice, figlia di Folco Portinari, nata a Firenze nel 1266, morta poco dopo il matrimonio, per complicazioni da parto, a soli 24 anni. Dante l’aveva incontrata in chiesa all’età di nove anni e poi nuovamente a diciotto, creatura terrena che aveva suscitato nell’animo del poeta un sentimento che non si sarebbe mai spento, prefigurando il passaggio dal saluto, salus, alla salvezza, quando la giovane si trasforma in creatura angelicata.
L’incontro con Beatrice è l’evento che illumina la vita di Dante e la sua poesia. L’innamoramento influenzerà tutta la sua vita, anche se Beatrice non è la donna sposata da Dante.
Nei tre regni dell’oltretomba descritti nella Commedia Beatrice è la vera e unica guida del Poeta, è lei che intercede per lui scendendo nel Limbo per pregare Virgilio di avere cura di Dante, e lo soccorre nei momenti di pericolo.
I’ son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.
(Inferno, I,70-72)
Beatrice è la donna per cui Dante abbadonò “la volgar schiera”, come dice Lucia rivolgendosi a Beatrice per invitarla a soccorrere Dante. Disse: “Beatrice, loda di Dio vera, ché‚ non soccorri quei che t’amò tanto, ch’uscì per te de la volgare schiera?” (Inferno I, 103-105)
Beatrice non è una figura disincarnata, astratta; Dante la definisce “sì lieta come bella” (Par., II, 26), soave e piana è la sua voce quando parla con Virgilio, ma, soprattutto, conosciamo Beatrice attraverso il sorriso e lo sguardo:
“Lucevan li occhi suoi più che la stella” (Inferno, II, 55)
“e cominciò, raggiandomi d’un riso
tal, che nel foco faria* l’uom felice” (Pd. VI,17-18)
“Non le dispiacque, ma sì se ne rise,
che lo splendor de li occhi suoi ridenti
mia mente unita in più cose divise.” (Pd. X, 61-63)
Così reale e così ideale è la donna della sua vita, che Dante inventa un nuovo termine, una parola ancora mai usata per esprimere le sensazioni che ella suscita nel suo essere: “‘mparadisa”. Beatrice è “quella che “‘mparadisa la mia mente” (Paradiso, XXVIII, 3), ossia colei che innalza la mia mente alla gioia paradisiaca.
Beatrice è il cuore del viaggio di Dante dall’umano al divino, è la donna attraverso la quale egli affronta e realizza il suo “pellegrinaggio”, è la musa che ispira il Poema. Beatrice è la possibilità, per Dante, di scoprire la bellezza e la luce dell’Amore assoluto.
Mirella Mazzarini
Presidente dell'Unicef Marche ed ex dirigente scolastica. Da anni è impegnata nel campo del volontariato e della pedagogia.