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22 Marzo 2022

Celebrare Dante il 25 marzo

Un viaggio che dura sino ad oggi

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inferno william blakeDante e Virgilio entrano nella foresta - Illustrazione di William Blake della Divina Commedia

Perché leggere dante o tornare a leggerlo?

In un momento in cui le celebrazioni dantesche assumono molteplici forme culturali e Dante diventa un’immagine di forte richiamo promozionale per pubblicazioni, iniziative accademiche e sui social network, ci chiediamo se è possibile trasferire la sua poetica anche in una canzone pop, in un prodotto pubblicitario o in un gadget. Quale forza attrattiva è connaturata alla scrittura del Sommo Poeta? 

Nel caso della Commedia, opera che possiamo senz’altro definire “patrimonio dell’umanità”, si tratta di riprendere in mano un canto perché si serba il ricordo di personaggi che sentiamo vicini per la loro storia e la loro sensibilità, per rituffarci in descrizioni che fanno parte del nostro bagaglio immaginario, o affidiamo la scelta alla suggestione di proposte mirate alla riscoperta del valore linguistico dell’opera? Intrigante e interessante l’iniziativa dell’Accademia della Crusca che ogni giorno ripropone una parola “fresca di giornata”. Qualunque sia la spinta iniziale per leggere la Commedia, scopriamo che Dante ci appartiene, fa parte di noi e continua ad alimentare i nostri pensieri e le nostre emozioni in modo profondo.

L'esperienza di viaggio nella Divina Commedia

Dante, nella Commedia, inizia un viaggio a cui è predestinato ma il senso di tale viaggio, pur se dichiarato, è tutto da esplorare.

Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno
toglieva li animai che sono in terra 
da le fatiche loro; e io sol uno                                         
m’apparecchiava a sostener la guerra 
sì del cammino e sì de la pietate, 
che ritrarrà la mente che non erra.
” (Inferno, II, 1-6)

Non si tratta di un viaggio ameno ma di un cammino irto, difficile, in cui l’uomo deve essere pronto a sopportare la “guerra” fatta di dramma e di sofferenza. Ne sarà all’altezza? Ecco emergere aspetti del sentire che ci rendono vicini al poeta: il dubbio, lo smarrimento, l’insicurezza. Dante riesce a superare la sua paura elevandosi dalla condizione di uomo solo “nella selva oscura”, per diventare disponibile all’incontro, aperto alla ragione e alla grazia, capace di osservare e di indagare le miserie sue e quelle del modo. Dante non è ripiegato su se stesso, assorbito dai suoi dubbi, distaccato, è invece ricco di umanità e mai in solitudine.  Questa è una prospettiva etico- morale di grande valore, una prospettiva in cui troviamo una motivazione forte per avvicinarci alla Commedia.

“Leggere” Dante vuol dire innanzi tutto lasciar parlare Dante e cogliere il valore simbolico del suo poema e del suo viaggio. Accanto ai dannati che incontra e verso i quali dimostra sempre autentico coinvolgimento, ci sono figure come Virgilio e Beatrice che rappresentano, in modo allegorico, le vie della salvezza: la ragione e la fede.

Da un punto di vista formale e letterario la Commedia è la narrazione del Viaggio nei Regni dell’Oltretomba e la descrizione della condizione delle anime dopo la morte. Dante non è un osservatore privilegiato, è soggetto protagonista di un’esperienza di valore universale. Dante considera il viaggio una missione capace di indicare all’umanità la via della rigenerazione e della perfezione.

L'esilio di Dante e l'incontro con Cacciaguida

Il suo viaggio può essere considerato paradigma dell’esilio che il poeta vive mentre scrive l’opera ma che immagina gli verrà annunciato al termine dello stesso viaggio quando, in Paradiso, (Canto XVII) incontrerà Cacciaguida, suo avo. Questi gli spiegherà che grazie ai meriti poetici e intellettuali, Dante è stato scelto dalla mente divina per l’altissimo fine di andare nell’Oltretomba da vivo affinché, una volta tornato in terra, possa raccontare la sua esperienza ai contemporanei, senza omettere nulla, senza essere “timido amico” della verità. Dante è preparato ad ascoltare e verso le parole gravi dell’avo “avvegna ch’io mi senta ben tetragono ai colpi di ventura; “è pronto a reggere la sventura, a lasciare ogni cosa cara”.

Tu lascerai ogne cosa diletta 
più caramente; e questo è quello strale 
che l’arco de lo essilio pria saetta.                               

Tu proverai sì come sa di sale 
lo pane altrui, e come è duro calle 
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.
” (Paradiso, Canto XVII, 55-60)

La realtà dell’esilio diventa simbolo di una condizione universale dell’uomo. Dante è poeta e profeta, pellegrino e uomo politico.

Le parole che prevedono il futuro di Dante sono versi famosissimi, ricchi di figure che sono entrate a far parte del linguaggio vivo della comunicazione. Un linguaggio denso di simbolismi ma anche di espressioni concrete e realistiche come nel verso con cui Cacciaguida sollecita Dante a parlare in modo trasparente e veritiero:

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua visïon fa manifesta;
e lascia pur grattar dov’ è la rogna
.” (Paradiso, Canto XVII, 127-129)

Mirella Mazzarini

Presidente dell'Unicef Marche ed ex dirigente scolastica. Da anni è impegnata nel campo del volontariato e della pedagogia.

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